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Una nuova pubblicazione scientifica conferma: il tatuaggio areola capezzolo fa bene alla psiche delle donne colpite da patologia mammaria; ma negli ospedali oggi manca la figura del dermopigmentatore.

Una nuova pubblicazione scientifica, uscita a dicembre 2020 sugli Annali dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), riporta i dati raccolti su 169 pazienti colpite da patologia mammaria e sottoposte, post-intervento, alla ricostruzione tramite tatuaggio dell’areola-capezzolo. Questo pone nuova luce sulla necessità di trovare nelle strutture sanitarie pubbliche delle figure specializzate in dermopigmentazione, per arricchire il servizio dei trattamenti oggi offerti post-mastectomia o asportazione parziale del seno.

Ci sono cicatrici che segnano la fine di una brutta esperienza, mentre ci sono altre cicatrici che molte volte danno inizio ad un lungo e doloroso processo di guarigione e che possono nascondere per sempre tratti fondamentali della femminilità.

Sono 169 le pazienti trattate per il cancro al seno che, tra il 2010 e il 2016, sono state sottoposte a trattamenti di dermopigmentazione (tatuaggio medico utilizzato come tecnica complementare nella ricostruzione dell’areola e del capezzolo) nell’ospedale di Treviso grazie a un progetto condotto in collaborazione con la locale sezione della Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori (LILT).

È quanto emerge dall’articolo “Dermopigmentation of the nipple-areola complex in a dedicated breast cancer centre, following the Treviso Hospital (Italy) LILT model” pubblicato a dicembre 2020 su gli Annali dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS).

Dai dati emerge che delle 169 pazienti, trattate in 309 sessioni complessive, il 90% ha espresso un alto livello di soddisfazione dal punto di vista dei risultati estetici, reputando il trattamento molto utile e benefico. Dai risultati dello studio si evince che la dermopigmentazione del complesso areola-capezzolo è un approccio sicuro che fornisce benefici concreti alle pazienti.

Rita Molinaro, dermopigmentatrice, visagista e produce manager in campo cosmetico, nonché una delle autrici dell’articolo scientifico in oggetto, sta impegnando la sua vita al riconoscimento della dermopigmentazione oncologica nel rispetto delle donne colpite da patologia mammaria. Da oltre 15 anni collabora con associazioni come LILT e ANDOS, tiene convegni e docenze universitarie sulla materia in Italia e all’estero, effettuando trattamenti su oltre 1.000 pazienti oncologiche.

Il tatuaggio o dermopigmentazione con finalità medica è una tecnica non chirurgica, semplice e sicura che fa bene anche e soprattutto alla psiche delle donne – afferma Rita Molinaro che prosegue – custodisco gelosamente le centinaia di messaggi di felicità e sincera riconoscenza da parte delle donne che ho trattato.”

Comunicato stampa del 30 gennaio 2021